martedì 1 novembre 2011

Sea-Serravalle, sì alla gara "Siamo obbligati a vendere"

La decisione formale verrà presa dopo un confronto con il mondo della politica e con le parti sociali. Ma la strada è nettamente segnata: Palazzo Marino venderà, insieme al suo 18,6 per cento di quote della Serravalle, anche il 20 per cento delle azioni di Sea, per una cifra non inferiore a 380 milioni. Perché, scandisce il sindaco Giuliano Pisapia dopo una giornata di giunta e incontri, «siamo nella assoluta necessità di non sforare il Patto di stabilità: è un obbligo morale, politico e giuridico che intendiamo rispettare». Un obbligo che, tradotto in cifre, fa 349 milioni e 700mila euro che mancano al Comune per tagliare il traguardo di fine anno in pari con gli obiettivi fissati dal Patto. E quindi, spiega il sindaco con accanto l’assessore al Bilancio, Bruno Tabacci, «come hanno scritto anche i revisori dei conti del Comune, la vendita della sola Serravalle, se anche ci fosse stata, sarebbe stata necessaria ma non sufficiente».
La gara per la sola Serravalle è andata due volte deserta. Si passa al piano B. Ecco allora che la proposta arrivata venerdì pomeriggio dal fondo F2i gestito da Vito Gamberale potrebbe diventare la traccia del bando di gara che — dopo il passaggio in commissione Bilancio e partecipate di domani — la giunta dovrebbe mettere a punto e sottoporre poi al Consiglio comunale: un bando unico ma con la possibilità di presentare offerte disgiunte per le due società. Questo, precisa Pisapia, senza pregiudicare la direzione pubblica della Sea: «Posso garantire che la sua maggioranza resterà del Comune». E la quotazione in Borsa? «Credo nell’azionariato diffuso, la nostra volontà è quella, ma dobbiamo anche confrontarci con una situazione difficile dei mercati». Tutto torna, quindi, alla “ineludibile operazione”, la cessione delle quote al miglior offerente. «Sento parlare di fondi indiani, turchi... per Serravalle non si è fatto avanti nessuno, vedremo ora», dice caustico Tabacci.

Ineludibile, l’operazione, perché per il sindaco non c’è un’altra ipotesi: «Ho letto critiche e parole vuote, in questi giorni, ma non proposte alternative: se qualcuno ne ha, si faccia avanti», è la sfida che lancia, collegata alla proposta arrivata nei giorni scorsi dalla Lega e da pezzi di maggioranza, quel colpo di teatro dello sforamento “volontario” del Patto, per mettere il governo di fronte alle sue responsabilità. Strada non percorribile, per la giunta, ma il sindaco rilancia provocatoriamente: «Se tutto il Consiglio è d’accordo chiediamo assieme una deroga al Patto di stabilità, ma nel frattempo non possiamo aspettare, dobbiamo andare avanti con la vendita».

Una chiamata in corresponsabilità, la sua, verso un’opposizione che, quando era maggioranza, ha agito diversamente: «Per rispetto dei milanesi — attacca Tabacci — bisogna dire che chi amministrava prima di noi aveva fatto i conti immaginando di avere una legge speciale come Catania e Roma, come se il governo con tutti i problemi che ha potesse pensare a salvare Milano». È un botta e risposta con l’opposizione che si arricchisce, a sera, della replica del capogruppo pdl Carlo Masseroli: «In questa vicenda manca chiarezza e strategia: chiediamo di non svendere Sea e di riprovare a vendere solo Serravalle ora che lo statuto è cambiato». La questione della doppia vendita apre anche una crepa nel Terzo polo. Dopo le dichiarazioni critiche sull’operazione fatte dal consigliere Manfredi Palmeri, sia il Fli sia l’Api le hanno bollate come «ingenerose nei confronti di Tabacci ed espresse a puro titolo personale». 

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