martedì 1 novembre 2011

Milano capitale del carovita l'inflazione è al 4,2 per cento

Senza sosta dallo scorso gennaio. La corsa dell’inflazione a Milano continua: a ottobre, secondo le rilevazioni dell’Istat, il tasso provvisorio è al 4,2 per cento, in leggero aumento rispetto a settembre, quando l’indice si era attestato al 4,1, con una vera e propria fiammata rispetto al 3,1 che era stato registrato in agosto. Quello diffuso ieri è il dato più alto dal giugno 1996, quando in città si raggiunse il 4,4 per cento. Ma soprattutto, è il più alto d’Italia: a livello nazionale, il tasso è al 3,4, con un divario sempre più ampio tra Milano e il resto del Paese, «che deve preoccupare — dice Luigi Campiglio, ordinario di Politica economica e prorettore dell’Università Cattolica — perchè i rialzi sono cominciati a inizio 2011 e da allora sono sempre più marcati. Quest’anno le stime della Bce prevedevano un tasso al 2 per cento nell’area euro: il dato non solo è stato superato a livello nazionale, ma è stato più che doppiato in città».
Milano capitale, ma del carovita: rispetto alle altre città italiane, presenta l’inflazione più elevata. A Roma il tasso è al 3,6, a Bologna al 3,5 e a Torino al 2,6. Alla stessa velocità di quelli milanesi corrono solo i prezzi di Bari, dove l’indice è al 4,2, con la differenza che i costi nel capoluogo pugliese partono da livelli più bassi di quelli lombardi. A trainare i rincari, alberghi e ristoranti il settore segna, rispetto al 2010, un più 8,3 per cento, seguito dai trasporti, in cui il tasso è più alto del 7,6. Poi, gli alimentari (+4 per cento), l’abbigliamento e le calzature, cresciuti dell’1,8 e dello 0,6.
«In questi settori a settembre il passaggio dell’Iva dal 20 al 21 per cento è stato accompagnato da molti arrotondamenti da parte dei commercianti — attacca Gianmario Mocera, presidente di Federconsumatori Lombardia — La cosa preoccupante è che i rincari non riguardano solo il mercato “aperto” di alimentari o abbigliamento, in cui un cittadino può cercare prodotti più economici: molti aumenti riguardano i settori in cui il consumatore non può scegliere, ma deve pagare quanto richiesto. È il cosiddetto mercato “chiuso”». Ovvero, quello che comprende le bollette di gas ed elettricità (i cui costi, in un anno, sono lievitati dell’11,5 per cento), gli affitti (cresciuti del 2,3), la benzina e il gasolio, aumentati rispettivamente del 18,4 e del 22 per cento. «Non è un caso — aggiunge Mocera — che i clienti delle pompe bianche, dove si spende meno, siano sempre di più».

«Ma i primi a sentire la crisi siamo proprio noi — spiega Alfredo Zini, vice presidente di Epam, l’associazione dei pubblici esercizi dell’Unione del Commercio — . L’importo degli scontrini è diminuito e la gente ha ridotto le spese: al ristorante rinuncia al vino e ordina una sola portata. Al contrario, gli affitti continuano a crescere: per noi sta diventando difficile». Nel 2011 a fronte dell’inflazione in Lombardia i consumi sono calati dello 0,8 per cento: «In questo quadro — aggiunge il professor Campiglio — si rischia la stagnazione, con un allargamento della forbice tra chi può permettersi prezzi così alti e chi no. L’amministrazione dovrebbe prendere provvedimenti: si rischia l’allarme rosso»

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